Nobuya Abe, Senza titolo, 1961, tecnica mista su tavola, cm 25 x 50 6 / 21

I migliori artisti giapponesi su cui investire

La paura di non essere all’altezza ci fa salire di un gradino.

                                                                               (proverbio giapponese)

Oggi parliamo degli artisti giapponesi su cui investire. Nella seconda metà del XIX secolo il Giappone abbandona l’isolamento che si era autoimposto per aprirsi al mondo. Sotto l’influenza occidentale si avviò un rapido processo di scambi commerciali e di modernizzazione economica e sociale, e anche l’arte, fino a quel momento di forte impronta tradizionalista, si rinnova sotto l’influsso delle correnti europee e americane.

Con l’Esposizione Universale di Londra del 1862 arrivò in Europa l’arte proveniente dal Sol Levante, e la sua divulgazione si ebbe grazie alla collezione di Sir Rutherfors Alcock, il primo diplomatico del Regno Unito a risiedere in pianta stabile in terra nipponica e anche l’organizzatore del padiglione giapponese.

Da quel momento in tutta Europa si diffuse la “giappomania”, anche definita “Japonisme”, che ebbe un forte impatto sul movimento Impressionista e post-Impressionista, influenzando l’operare di molti artisti: da Henri Toulouse-Lautrec a Edouard Manet, da Edgar Degas a Paul Gauguin, da Claude Monet a Vincent Van Gogh, artisti che a loro volta suggestionarono l’arte nipponica. In occasione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1878, Ernst Chesneaux e Paul Gasnault scrissero sulla Gazette des Beaux-arts delle meraviglie del padiglione nipponico: l’arte giapponese impazzava da Londra a Parigi a Vienna, e in Italia Gabriele D’Annunzio fu tra i primi estimatori.

Xilografie, litografie, disegni e a oggetti di artigianato

L’arte giapponese di quel periodo era improntata maggiormente alla produzione di xilografie, litografie, disegni e a oggetti di artigianato, questi ultimi, da noi considerati arte minore, mentre, ancora oggi, in Giappone, la linea di demarcazione tra arte pura e arte applicata rimane indistinta, tant’è che per la cultura giapponese gli artisti-artigiani sono definiti tesori nazionali viventi.

A seguito del secondo conflitto mondiale e al senso di disorientamento che ne seguì, alcuni movimenti artistici nipponici sentirono la necessità di staccarsi dalla propria identità nazionale non più basata sulla mera esaltazione dei canoni estetici e tradizionali, dando così vita a un’arte più espressiva e gestuale.

Il movimento più importante fu il Gruppo Gutai, formatosi nel 1954, il cui credo bandiva qualsiasi forma di imitazione del reale. Gli artisti iniziarono a proporre una nuova forma d’astrattismo, più vicina alle nuove correnti internazionali, utilizzarono nuovi materiali e diedero l’avvio a performance pubbliche.

Nella seconda metà degli anni Sessanta, la scena artistica era divisa essenzialmente in due correnti: la prima, di natura concettuale, poneva al centro della sua poetica l’idea, mentre la seconda orientava e proiettava la propria creazione verso un approccio più concreto, prediligendo la materia in quanto concetto.

Parigi, Roma e Milano

Gli artisti iniziarono a viaggiare oltre oceano e molti di loro soggiornarono a Parigi, a Roma e a Milano. Qui trovarono terreno fertile per esprimere le nuove forme d’arte in un clima culturale e artistico in piena trasformazione, dove le esigenze estetiche diventavano mezzo espressivo della necessità di rinnovamento e l’arte si faceva promotrice e anticipatrice dell’evoluzione del mondo. A Milano i primi artisti nipponici giunsero negli anni ’50 – arrivare in Italia richiedeva un grande sforzo di tempo e di denaro. Molti provenivano dalle università, affascinati dalla cultura occidentale, dai pittori come Picasso e Matisse o scultori come Degas e Rodin. Arrivavano in Europa con l’intento di apprendere le tecniche di pittura e scultura classica.

Nobuya Abe, Senza titolo, 1961, tecnica mista su tavola, cm 25 x 50 6 / 21

Nobuya Abe, Senza titolo, 1961, tecnica mista su tavola, cm 25 x 50
6 / 21

Un esempio fu Kenjiro Azuma (Yagamata 1926 – Milano 2016), le cui opere sono presenti in questa mostra. Ebbe modo di raccontarmi del suo viaggio verso l’Italia, lungo più di 36 ore. Lo scultore fu tra i fortunati a vincere una borsa di studio che gli permise di scegliere Milano anziché Parigi.

Dopo avere avuto la possibilità di visionare un catalogo di Marino Marini ed essersi innamorato della sua scultura, non pensò più a nessun’altra meta se non quella dell’Accademia di Brera, dove frequentò i corsi di scultura del grande maestro, diventandone anche assistente di studio. Tutto questo cambiò i suoi programmi non solo temporali (doveva fermarsi in Italia solo un anno) ma anche stilistici: dal figurativo di matrice occidentale, più rassomigliante ai lavori di Marini, passò ad un’arte più vicina alla sua cultura di provenienza, più essenziale, di contenuti e pensieri che si fondano sul pensiero Zen. Questa filosofia orientale, per l’appunto Zen, accomuna tutti gli artisti provenienti dal Sol Levante.

I maggiori artisti giapponesi su cui investire

Nelle loro opere gli elementi vuoto – pieno sono imprescindibili, hanno rilevanza fondante sull’agire artistico. Yoshiaki Tono scrisse nel 1959, sul primo numero di Azimuth, la famosa rivista fondata da Manzoni e Castellani, l’articolo “Spazio vuoto – spazio pieno”. Anche gli artisti che qui di seguito vado a menzionare e che sono presenti nella mostra NE WOOROSU –METTERE RADICI abbiamo visto artisti giapponesi su cui investire e che hanno avuto tutti un legame con l’Italia:

Nobuya Abe (Niigata 1913- Roma 1971) era già attivo in Giappone negli anni ’30 con il movimento d’avanguardia “Illumination” (che raccoglieva sia i surrealisti che gli astrattisti), quando la guerra e il nazionalismo influenzavano forzatamente le nuove generazioni. Abe insieme a un numero ristretto di artisti, anticipatamente sui tempi, s’interessava alla “Gestalt” (teoria e psicologia della forma) andando oltre alla pittura tradizione.

Visse tra Roma e Milano, dove negli anni ’60 entrò in contatto con le gallerie d’avanguardia come la galleria del Naviglio di Milano e la galleria del Cavallino di Venezia, entrambe dei fratelli Cardazzo, dove espose ripetutamente negli anni. Fu anche pubblicato nelle edizioni del 1964 dei Cahiers De Poche, dei quaderni tascabili in 120 esemplari con apertura a fisarmonica nate da un’idea di Mario Deluigi: il primo numero fu dedicato a Toyofuku Tomonori.

Silent Respiration of Forests - Hokkaido. Ukishima #1, 2011. Platinum print on Gampi paper. Es. 6:9. cm 26,5x34

Silent Respiration of Forests – Hokkaido. Ukishima #1, 2011. Platinum print on Gampi paper. Es. 6:9. cm 26,5×34

Le mostre in Italia

A Roma nel 1966 espose alla Galleria Obelisco e alla Galleria del Segno, continuando contemporaneamente a esporre anche all’estero: New York, Tokio e Pitsburg. Nobuo Sekine (Saitama 1942), scultore di fama internazionale, che espone tutt’oggi in tutto il mondo, ha fondato il gruppo Mona-ha. Il movimento nipponico che negli anni ’60 iniziò a esplorare il rapporto tra spazio circostante e i materiali industriali e organici.

In Italia espose alla galleria la Bertesca e nel 1970 partecipò alla Biennale di Venezia, nel 2013-2015 era a Punta della Dogana tra gli artisti della mostra Prima Materia.

Hsiao Yamagata (Nara 1932) la sua presenza in Italia si deve alla galleria Schubert che lo presentò in 2 mostre, nel 1971 nella sede di Lugano e nel 1974 a Milano. Sempre nel 1971 alcune sue opere erano presenti in una mostra collettiva alla galleria Sincron di Brescia.

Juuko Ikewada (Tokyo 1940) si sposò a Venezia nel 1962 con l’artista Friedensreich Hundertwasser, entrambi esposero alla galleria Del Cavallino e in particolare Ikewada nel 1966 e nel 1969 alla galleria del Naviglio. Durante il suo soggiorno a Milano istaurò rapporti di amicizia con molti artisti ed in particolare con Lucio Fontana e Agostino Bonalumi.

Tra i Giapponesi

Shu Takahashi ( Shin-ichi-cho, Hiroshima1930 ) grazie a una borsa di studio giunse a Roma nel 1963, già molto apprezzato nel suo paese, era tra i fondatori del Gruppo Nouveau . Nel 1966 fu il protagonista di una personale alla galleria del Cavallino, successivamente, nel 1969, alla galleria L’Ariete di Milano.

Nel 1976 partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1977 alla Quadriennale romana. La sua presenza in Italia si alterna ai soggiorni in Giappone dove lavora su grandi commissioni, nel 1993 viene celebrato con una grande mostra antologia al GNAM di Roma e nel 2003/2004 gli viene decicata un’importante rassegna al museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, a Genova.

Hisachika Takahashi (Tokyo 1940) arrivò in Italia negli anni ’60, fu amico e assistente di Lucio Fontana. Testimonianza ne sono le opere compiute a quattro mani, una delle quali venne nel 2016 esposta alla Fondazione Prada di Milano.

Nel 1963 espose alla galleria del Cavallino con un testo critico di Roberto Crippa, del quale fu anche assistente, e collaborò con altri importanti artisti come: Yves Klein, Cy Twombly e Jasper Johns. Nel 1966 si trasferì in America dove diventò assistente di Robert Rauschenberg. Katsuhito Nishikawa (Tokyo 1949). 

Gli artisti tra il 50 e il 60

Tutti questi artisti, giunti in Italia tra gli anni ’50 e ’70, hanno apportato il loro senso dello spazio, della materia e del tempo, confrontandosi con il mondo artistico occidentale, in particolare con l’ambiente fertile creato dalle nuove avanguardie italiane.

Le nuove generazioni hanno continuato a trovare in Italia terreno fertile per raggiungere la propria strada artistica, in particolare: Ōki Izumi (Tokyo) arriva a Milano nel 1977, dove vive e lavora tutt’oggi, si diploma all’Accademia di Brera nel 1981, e qui trova la sua dimensione spaziale. Coniugando il minimalismo orientale con la forza del vetro industriale, lo modella e lo trasforma per realizzare sculture in continua evoluzione. Presente in numerose esposizioni in Italia e all’estero: Museo Chiossone di Genova e Santa Giulia di Brescia, per citare gli ultimi anni.

Alcuni artisti

Hakura Fujita ha vissuto a Milano per 12 anni, oggi è ritornata a Tokyo ma continua a partecipare a manifestazioni in nel nostro paese. Tra le numerose mostre ricordiamo la partecipazione al Salone del Mobile e la mostra personale alla galleria Clio Calvi-Rudy Volpi.

Takeshi Shikama (Tokyo 1948) dal 2002 si dedica alla fotografia in grande formato cercando di immortalare l’invisibile che si cela dentro il visibile. Ha esposto in Italia, le sue opere sono in molti musei internazionali. Ha dedicato a Milano numerosi progetti fotografici.

Katsuhito Nishikawa (Tokyo 1949), artista di fama internazionale, ha esposto alla Biennale di Venezia e al PAC.

Yayoi Kusama (Matsumoto 1929) è forse l’artista attualmente più conosciuta a livello mondiale. La sua cifra stilista non ha eguali ed è riconoscibile nell’immediatezza della sua apparente semplicità. La sua è una forma di arte-terapia dei disturbi mentali ed emotivi a cui è soggetta sin da bambina, ancora oggi produce ed espone in tutto il mondo, nel 2009 espose al PAC di Milano.

Questa la nostra lista degli  artisti giapponesi su cui investire

Conclusioni

Ora che avete letto il nostro articolo, potete conoscere gli artisti giapponesi su cui investire. Se possedete dei quadri di origine giapponese e ne volete una quotazione contattateci.