Nivola Costantino

Nato in una famiglia di umilissima condizione economica e sociale, Nivola non dimenticherà mai la fatica e la miseria patita negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza, trascorsi ad aiutare, con i suoi fratelli, il padre muratore. A sostenerlo è però la “fortuna” di vivere in una società, come quella agropastorale, fondata su solidi valori comunitari e su antichissime tradizioni, il cui ricordo, progressivamente trasfigurato nella dimensione dolce del mito, lo accompagnerà sempre nella sua vita da esule, influenzandone non poco anche la riflessione e produzione artistica. Nel 1926, quando il pittore Mario Delitala (come lui oranese) lo assume come apprendista e lo porta con sé a Sassari per la decorazione dell’Aula Magna dell’Università, Nivola ha quindici anni. A questo primo distacco dal paese segue, nel 1931, la partenza per Monza, dove grazie a un sussidio del Consiglio dell’Economia Corporativa di Nuoro può studiare all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (una sorta di Bauhaus italiano). In questo periodo di formazione lo conforta anche la presenza di due corregionali d’eccezione: il futuro ceramista Salvatore Fancello e il grafico Giovanni Pintori, che come lui segue il corso di Grafica e Pubblicità sotto la guida di maestri quali gli architetti Edoardo Persico e Giuseppe Pagano. Nel 1936 si trasferisce a Milano, dove lavora per la Olivetti, dapprima come grafico (lo stesso vale per l’amico Pintori) e poi come direttore artistico. La fortuna del periodo, in cui può operare immerso nel vivacissimo ambiente culturale del capoluogo lombardo, allora vivaio della temperie razionalista, si interrompe però bruscamente quando il Regime emana le leggi razziali (1938). Nivola, la cui moglie, Ruth Guggenheim, è ebrea, è costretto a riparare prima a Parigi (dove frequenta Emilio Lussu e il gruppo di Giustizia e Libertà fondato dai fratelli Rosselli) e poi a New York. Il rapporto con la Olivetti, tuttavia, continuerà anche nella metropoli statunitense, dato che nel 1953 sarà proprio Nivola a mettere a punto le decorazioni per il grande show-room newyorkese della ditta italiana. In America continua a lavorare come illustratore e grafico per diverse riviste, ma è nel 1946, quando incontra Le Corbusier, il celebre architetto razionalista, che scopre finalmente la sua vera vocazione per la scultura. Il contatto con “Corbu” darà inizio a un periodo di grandi sperimentazioni tecniche e formali – culminato con l’invenzione di una pratica scultorea inedita, il sand-casting, che prevedeva il colaggio del gesso o del cemento su una matrice di sabbia – nonché l’incipit di una lunga riflessione sui rapporti tra scultura-architettura-decorazione e spazio pubblico, che lo accompagnerà nell’intero sviluppo creativo. Nonostante le importanti commissioni pubbliche che Nivola si troverà ad eseguire nell’ambiente statunitense, tematiche come quelle della natura e della fertilità, e soprattutto la contrapposizione tra maschile e femminile, saranno nondimeno al centro del suo immaginario, in particolare nel corso degli anni Sessanta-Ottanta, quando vedranno la luce alcune delle sue opere più iconiche: tra queste, la serie dei piccoli Letti in terracotta e le grandi sculture dedicate al tema delle Madri. La Sardegna tutta sarà comunque sempre presente nei pensieri dell’artista, che dal suo osservatorio oltre oceanico sperimenterà sia la possibilità di un giudizio critico e distaccato sui mutamenti socioculturali in corso nella terra natale (il nascente “Paradiso delle vacanze”, un Eden sempre meno arcaico e sempre più smaliziato), sia la nostalgia fortissima, e talvolta fuorviante, per un mondo lontano nello spazio e nel tempo, e come tale soggetto a tutti i rischi insiti in ogni processo – conscio e inconscio – di mitizzazione.

 

 

COSTANTINO NIVOLA, LA DANZA DELL’ÀRGIA Scultura in bronzo cm. 15 h.

Costantino Nivola, Due figure in un letto scultura in terracotta, firmata cm 18×14, spesso cm 5

Costantino Nivola – Guardiano – 1957

 

Tutte le immagini sono a scopo illustrativo